Come ottimizzare una campagna PPC in modo da pagare (molto) di meno?

Negli ultimi 2 anni abbiamo investito più di un milione di euro in pubblicità online pay per click.

Ovviamente, per avere il massimo dei risultati, la prima cosa che devi smepre chiederti è come ottimizzare una campagna PPC.

In questo articolo ti racconto l’approccio mentale che mi ha permesso di rendere possibile questo risultato: un approccio ispirato alle temibili “formiche africane”.

Nella fattispecie, la campagna in oggetto era una campagna di acquisizione clienti abbastanza semplice: lo scopo era raccogliere indirizzi email da inserire in una sequenza di email automation.

Sai quelle dove ti poi ti arrivano 3000 email del tipo:

“Ehi Giulio, l’offerta sta per scadere.”

“Ehi, manca 1 ora.”

“Ehi, ho visto che non hai ancora aperto l’email precedente.”

“Ehi no, ho visto che hai aperto, ma non hai cliccato.”

”Eh, guarda solo un avviso, manca mezz’ora.”

Beh, devi sapere che nel mondo della pubblicità online i tuoi indicatori di performance sono tutto.

Cioè, passare da acquisire un cliente a 1 euro e 50 anziché 2 euro è la differenza tra la vita e la morte.

Purtroppo, però, in questo mondo è difficile trovare il grande breakthrough, quello che spacca tutto dalla mattina alla sera, che ti abbassa il costo di acquisizione del 25% così, tutto in una botta.

A volte capita, ma non è nomale.

È molto più frequente lavorare di piccoli aggiustamenti.

Allora come mi sono messo a lavorare?

Beh, la campagna era composta principalmente da 2 elementi: annunci pubblicitari e pagina di destinazione, o landing page ossia la pagina che trasformava il traffico in indirizzi email.

Dunque, inizialmente ho provato un po’ di copy diversi negli annunci e nella pagina, e li ho messi in gara uno contro l’altro per capire quale funzionasse meglio.

Ho proseguito così finché non ho raggiunto un valore medio dal quale facevo fatica a “schiodarmi”.

E questo era il lavoro di sgrossatura, cioè quello che fanno tutti.

Più o meno.

Dopodiché ho iniziato a spostare la mia attenzione su piccole inezie.

Ad esempio: ho cambiato il server.

Sì perché sapevo che più velocità voleva dire meno persone che abbandonavano la pagina per non aspettare il tempo di caricamento.

Dunque mi dicevo: se anche l’1% delle persone oggi non vede la pagina a causa della lentezza del server, è sempre l’1% di miglioramento.

Dunque, abbiamo fatto un casino terribile per cambiare server e mettere una tecnologia che distribuisse la pagina vicino al luogo dove risiedeva l’utente.

Ma ancora non ero contento: perché mi rendevo conto che c’erano alcuni momenti dove, per problemi di sovraccarico del server, dovuti al troppo traffico, la pagina tendeva ancora a rallentare.

Questo non accadeva spesso: ma anche fosse accaduto solo 10 minuti al giorno, circa 5 ore sulle 720 in un mese, cavolo, era un altro 0,5% di miglioramento!

Così mi sono messo lì, e ho usato un servizio che in tempo reale ti dice se il server è su, e il tempo di risposta medio (per la cronaca si chiama Pingdom).

E analizzando i picchi di traffico abbiamo preso provvedimenti (e anche lì: un bagno (di sangue) di tecnologia).

E così via, con altre decine di cose di questo tipo.

Insomma: da quando ho iniziato a fare il lavoro su questa campagna è stato TUTTO UN CONTINUO di piccoli dettagli che aggiungevo man mano al processo, e poi monitoravo i risultati.

Risultato finale: nell’arco di diversi mesi ho diminuito il costo della campagna PPC di oltre il 20% rispetto a un risultato che inizialmente era già “sotto il valore di mercato medio”.

Dunque, se mi dovessi chiedere: da dove arriva il successo di quella campagna?

Beh, ti direi che non è niente di magico.

È solo ATTENZIONE ai dettagli.

E questo è MOLTO tipico in quasi tutti i business.

I business che funzionano, facci caso, fanno attenzione ai PICCOLI dettagli, che in fondo, sono come le formiche africane.

Da sole non valgono niente, ma messe insieme alle compagne di formicaio, possono addirittura uccidere un uomo.

Pensaci.