Perché spesso la mente effettua una distorsione della realtà?

La polizia forense lo sa molto bene: la memoria del passato non è qualcosa di statico, come può esserlo la pellicola di un film.

E questo accade perché, il più delle volte in modo insonsapevole, la mente effettua una distorsione della realtà.

Non è un caso che i detective, di fronte a testimoni oculari, facciano tutta una serie di domande di controllo per assicurarsi che il ricordo del testimone corrisponda a ciò che è effettivamente accaduto.

Sono stati fatti diversi esperimenti in merito, ma me ne ricordo uno in particolare che ho visto in un documentario: era stato simulato lo scippo di una borsa.

In quell’esperimento c’erano dei presenti, che avevano effettivamente visto ciò che era successo.

E poi c’erano dei testimoni falsi, che avevano il compito di cambiare leggermente gli eventi effettuando così una distorsione della realtà.

Ad esempio, quando erano interrogati, mentivano consapevolmente sul colore dei vestiti dello scippatore, sulla sua etnia e sul fatto che ci fosse stata o meno una colluttazione.

Ovviamente tutte le testimonianze erano prese in pubblico, in modo che tutti, anche i veri testimoni, che erano ignari di cosa stesse accadendo, potessero ascoltarsi tra di loro.

Beh, il risultato è stato che i fatti reali sono stati ampiamente distorti: c’erano persone convintissime di essere nel giusto, che in realtà stavano testimoniando il falso.

La cosa sconcertante è arrivata quando, a distanza di qualche mese, i testimoni oculari che erano presenti durante lo scippo, dovevano riconoscere lo scippatore tra un certo numero di persone, il classico “confronto all’americana”.

Anche in quel caso i testimoni oculari, che nel frattempo avevano rimuginato nella loro mente come secondo loro si fossero davvero svolti gli eventi, finiscono per fare un grandissimo casino e condannano la persona sbagliata.

Questo a riprova che la memoria non è come un hard disk, che registra tutto esattamente come è accaduto.

No, è influenzata invece in modo pesantissimo dalle emozioni e da altri fattori: come ad esempio i giudizi, la propria convenienza, cioè quello che vorresti ricordare per sentirti meglio, e le opinioni degli altri.

Questa caratteristica della memoria, però, se da un lato può essere usata a fini terapeutici, dall’altro diventa un problema SERIO soprattutto nel momento in cui fai business.

Perché il discorso è semplice: può accadere, e accade molto più spesso di quello che pensi, che tu faccia delle dichiarazioni, o riceva delle dichiarazioni, magari roba delicata… e poi entrambe le parti, in assoluta buona fede, ricordino cose diverse.

E non ti dico che casini che succedono in quei casi: la fiducia se ne va, volano le accuse, e chi più ne ha più ne metta.

Ecco perché ti suggerisco sempre di tenere traccia scritta di tutte le conversazioni che hai fatto e che potrebbero diventare veramente importanti.

Ad esempio io ho l’abitudine di inviare una email di conferma dopo che si sono prese decisioni, o anche dopo che si è avuto un confronto ad alta emotività, per evitare che la memoria a distanza di tempo, magari in assoluta buona fede, distorca la realtà.

Eppure, nonostante io abbia questa abitudine, ancora troppo spesso non giudico un evento o un confronto come abbastanza critico per dare una conferma scritta.

Troppe volte mi sono pentito di non aver fatto questo passaggio che alla fine è molto semplice.

Dunque visto che questo singolo aspetto ha messo a rischio, nella mia esperienza, anche relazioni molto solide, non posso stressare te (e ristressare me) abbastanza: molto meglio una email in più, che una in meno.

Perché sai come si dice no? Verba volant.

Ma se fai volare le parole, rischi di far volare anche le relazioni.