Preoccuparsi nel business è sempre inutile o esistono eccezioni?

Parliamone: ma davvero preoccuparsi è sempre inutile?

Sarà capitato spesso anche a te.

Tu sei lì, tutto pensieroso, arriva uno tutto brillante e ti dice: “dai non preoccuparti, vedrai, andrà tutto bene.”

Bene, quando ti succede chiediti sempre, fai un bel distinguo: “ma mi sto preoccupando per una questione di vita privata o per una questione di business?“

Perché vedi, nel business, è più che ok preoccuparsi, anzi è necessario preoccuparsi e, per preoccuparsi, intendo l’accezione letterale del termine pre-occuparsi, cioè occuparsene prima nel business, occuparsi di qualcosa prima che accada.

Non solo è un processo sano, ma è anche un processo obbligatorio.

Dunque, il discorso qui non è se va bene preoccuparsi, o se non va bene il discorso è COME preoccuparsi.

Ovvero, se la tua preoccupazione, all’interno del business, ha uno scopo, e lo scopo è trovare soluzioni, beh questa è sempre positiva.

Se, invece, entri nel gruppo emotivo della preoccupazione eterna, cioè, quella preoccupazione senza meta, dove l’emotività ti sta bruciando, allora questo non va bene né nel business, né nella vita
privata.

Quindi, se dovessi darvi la formula della preoccupazione sana negli affari, ve la darei in tre passi.

1) Passo numero 1: definisci un tempo ben preciso in cui ti preoccuperai del problema, ma intendo proprio dalle alle di venerdì, quindi lo metti in agenda e ti impegni mentalmente a non occupare la tua mente con questo problema fino a quel momento.

Ti assicuro che già questo scaricherà di molto la tua emotività perché una volta che è in agenda, beh, avrai un momento dedicato all’interno del quale pensarci.

2) Passo numero 2: scoprire l’esito, perché è molto semplice: quello che succederà è che all’interno del tuo momento di preoccupazione, come dire autorizzato, scoprirai che ci sono solo due esiti possibili:

– l’esito numero 1 sarà che a quel problema non ci sono soluzioni, perché magari è troppo tardi oppure è una cosa che non dipende da te

– esito 2: ci sono soluzioni, quindi puoi agire e puoi fare qualcosa

3) A questo punto andiamo al passo 3, cioè l’azione: ovviamente l’azione cambia a seconda di cosa è successo, se l’esito è stato “non ci sono soluzioni”, beh la tua preoccupazione non è che non deve esistere, cioè puoi anche smettere di preoccuparti di quel problema per il quale non ci sono soluzioni.

Ma in realtà ti conviene spostare il focus, magari andare a rischedulare un altro momento nel quale affronterai il tuo futuro, il futuro della tua azienda con il nuovo scenario che si è creato.

Ad esempio: “mi hanno mandato una multa per un motivo”: nuovo scenario, nuova fonte di preoccupazione nel business sarà “come gestire il mio business senza i soldi che non ho più, perché devo pagare la famosa multa”.

Oppure, se siamo nell’altro caso in cui puoi veramente agire, beh allora ancora meglio, nel senso che quello che farai, nel passare all’azione, sarà di nuovo prendere la tua agendina per schedulare un momento all’interno del quale agirai.

Quindi, venerdì o sabato inizio a scrivere il ricorso per la famosa multa, in modo da poterla non pagare.

Ecco, da questo punto di vista il passo 3 di questa metodologia, come avrai capito, è agire.

Quindi, nel momento in cui tu inizi ad agire, ti assicuro che l’emotività della tua preoccupazione comincia a scendere sempre di più.

Insomma, come diceva Ten Boom, una signora che è vissuta nel periodo della seconda guerra mondiale (e che non era mica scema, pensa che questa aiutava gli ebrei a scappare durante le deportazioni, quindi, insomma, una bella potente), questa qui diceva la seguente frase:

“La preoccupazione quando è eccessiva non ha il potere di svuotare il domani dalle sue difficoltà, ma ahimè ha il potere di svuotare l’oggi dalle tue forze, quindi questo non va bene in nessun caso.”