Bisogna accontentarsi oppure è davvero necessario volere sempre di più?

Nico Rosberg non era un ragazzino come tanti altri.

Era figlio di Keke Rosberg, campione di formula 1 nel 1982.

Il suo destino era già segnato fin dalla nascita.

Fin da giovanissimo il padre lo mette su un kart, e gli apre le porte di una carriera che, inevitabilmente, l’avrebbe portato in formula 1.

Ma Nico, fin da piccolo, non ha vita facile, sportivamente parlando.

Per tutta la sua carriera sembra destinato a scontrarsi con fenomeni veri.

Prima suo padre, quello che setta l’asticella sul gradino più alto.

Poi, poco dopo il suo ingresso in Formula 1, un certo tipo 7 volte campione del mondo: Michael Schumacher.

Infine, nel momento dell’opportunità della vita, nel momento in cui la sua auto, la Mercedes, diventa la migliore del lotto e offre veramente la possibilità di conquistare un titolo mondiale, si trova contro, come compagno di squadra, un certo Lewis Hamilton.

E qui parliamo di un fenomeno vero: soprannominato “il cannibale”, Hamilton è uno che ha la fama di non lasciare nemmeno le briciole agli avversari.

E quando arriva in Mercedes, conta già un titolo nel suo palmares.

Infatti, alla prima opportunità vera di vincere, nel 2014, Lewis batte Nico, e si laurea campione del mondo per la seconda volta.

Quell’anno Rosberg non riesce proprio a stargli dietro, pur mostrando una buona velocità in pista e una grande maturità fuori, ma proprio non ce né.

L’anno dopo Nico ci riprova, ma fa peggio dell’anno prima.

Lewis conquista il suo terzo titolo mondiale addirittura con 3 gare d’anticipo.

E poi c’è la stagione 2016.

Forse per Nico una delle ultime occasioni, forse l’ultimo anno di supremazia assoluta della sua auto, visto che dal 2017 sarebbero cambiati i regolamenti.

Nico lo sa, e nel 2016 parte concentratissimo.

Vince le prime tre gare, complice un Lewis ancora un po’ rintontito dai festeggiamenti del mondiale dell’anno prima.

Ma ben presto Lewis si risveglia, tira fuori il suo talento, e inizia a recuperare punti, come un martello.

A quel punto Lewis le fa TUTTE per riprendere in mano il mondiale: cose corrette, e cose ai limiti.

Ma Nico, al talento risponde con il duro lavoro.

Ogni giorno 20 minuti di meditazione, cascasse il mondo.

Si fa aiutare da un mental coach.

Decide di dedicarsi solo a questo obiettivo, sacrificando tutto il resto: famiglia compresa, e nonostante la nascita del primo figlio.

Mentre Lewis festeggia, Nico lavora.

E i risultati arrivano: Lewis rosicchia punti su punti, ma all’ultima gara Nico è ancora in vantaggio, ed è padrone del suo destino.

Ma non è finita: in quella gara Lewis cerca in tutti i modi di far sbagliare l’avversario e di metterlo in situazioni difficilissime da gestire, soprattutto a livello mentale.

Ma non c’è niente da fare Nico rimane concentrato.

Prende i suoi rischi quando deve prenderli, gestisce quando deve gestire.

E alla fine, si laurea campione del mondo 2016.

Ora la storia di Nico potrebbe iniziare qui: un nuovo campione del mondo, pronto a difendere il titolo.

Invece Nico, poco dopo la vittoria, spiazza tutti.

Fa quello che nessuno, e proprio nessuno, si aspettava.

Annuncia il suo ritiro.

In pratica, si accontenta del suo unico titolo mondiale.

Beh, scommetto che sarà già capitato anche a te di ottenere un risultato importante, magari qualcosa che all’inizio ti sembrava impossibile… e dopo che l’hai ottenuto scoprire che non ti basta più, che vuoi ancora di più.

Dunque: dov’è il confine tra accontentarsi e volere di più?

Uno spunto di riflessione lo offre proprio Nico Rosberg, che a fine carriera dichiara: “È facile voler di più, di più, di più, ma bisogna anche stare attenti e non perdere se stessi come persona. Per me non c’è niente di più di questo titolo mondiale. Lo volevo e l’ho preso. Ora la mia vita mi appartiene.”

Come dire: decidi tu dove vuoi veramente arrivare.

Fatti il mazzo come non ci fosse un domani, e arrivaci davvero, ma una volta lì non farti condizionare dagli altri: decidi tu, con consapevolezza, la prossima direzione da prendere.