Nell’articolo precedente abbiamo visto quanto, per pensare da imprenditore, sia molto importante cancellare la frase “non è colpa mia”.
(se non hai letto l’articolo fallo ora, perché oggi aggiungiamo un pezzo a questo concetto, e lo facciamo con un esempio di vita d’impresa realmente accaduta)
Qualche tempo fa, in ufficio da me, una dipendente ad un certo punto si aspettava un bonus di un certo importo in busta paga.
Io, invece, le do un bonus inferiore, circa la metà di quanto da lei previsto.
Allora lei naturalmente si lamenta, e mi dice che le avevo detto diversamente.
Ma io ero super sicuro di quanto le avessi detto, anche perché ci avevo fatto sopra 2000 calcoli, come mio solito.
Nonostante ciò mi informo, chiedendo conferma a quelli che erano presenti alla riunione dove avevo spiegato il bonus.
Con mio grande stupore noto una situazione controversa: di tutti i presenti che avrebbero dovuto ricevere quel bonus, solo una parte era d’accordo con me.
L’altra parte diceva che la ragazza aveva ragione (da notare qui che tra l’altro era anche loro interesse dare ragione alla ragazza, ma questo è un altro discorso).
Allora, in quella situazione per me pareva facile dire: “beh sentite, se anche uno solo di voi ha capito l’importo corretto, vuol dire che dalla mia bocca quello è uscito”, perché altrimenti non se lo possono essere inventato.
Ma come detto nell’articolo precedente: se sei in un problema, hai sempre una parte di responsabilità anche tu.
Dunque, ho pensato a quale parte di responsabilità avessi io in quella situazione.
In effetti, conoscendomi, probabilmente era vero che avevo detto alla dipendente l’importo corretto, ma di certo non mi ero preparato nel caso lei avesse poi voluto cambiare le carte in tavola.
Se ci avessi pensato prima cosa avrei potuto fare?
Beh, avrei potuto confermare l’importo del bonus con una email scritta ad esempio.
E qui veniamo al secondo punto del nostro discorso sulla responsabilità, che avevo lasciato in sospeso nel mio precedente articolo.
Abbiamo detto che il primo è non accettare nella propria mente la frase “non è colpa mia”.
Beh, il secondo è che qualsiasi parte di responsabilità tu abbia in una situazione, dopo che l’hai riconosciuta, devi anche essere disposto ad accettare la sconfitta, e “pagare il tuo prezzo”.
Sì perché così facendo non solo quell’episodio ti insegnerà qualcosa che non dimenticherai più, perché quando paghi non ti dimentichi più, ma soprattutto, emotivamente parlando, è come se “resettassi” la tua mente e la preparassi a ripartire da uno stato di lucidità, senza strascichi.
Insomma, hai “pagato il tuo errore”: quindi non c’è più motivo di rimuginarci sopra.
E in questo modo riprendi il tuo pieno potere personale.
Così ho fatto in quella situazione: ho accettato la mia parte di responsabilità (ma solo la mia parte), dunque ho preso la decisione di dare un importo di bonus esattamente a metà tra quanto lei voleva e quanto io ero certo di averle detto.
A quel punto lato mio la cosa era chiusa, ed ero pronto a ripartire come prima.
Purtroppo questo era vero solo per me: infatti lei, e il gruppo di chi la supportava erano ancora convinti di avere ZERO responsabilità di quanto era successo.
Si sono dunque messi nella condizione di vittima e da quel momento hanno iniziato a lavorare male, e fare vari casini.
Risultato: oggi nessuno di loro fa più parte del mio team.
Beh, questo finale dovrebbe farti capire un altro aspetto importante sulla responsabilità: cioè che prendersi la propria parte di responsabilità e accettare la sconfitta, nel breve, senza dubbio costa.
Ma nel lungo può costare molto di più NON prendersela.