Ti racconto questa: in ufficio per un certo periodo di tempo abbiamo dovuto collaborare per forza di cose con un’altra azienda, che però non era per nulla collaborativa.
Teoricamente eravamo tutti sulla stessa barca, con tanto di obiettivi in comune e buone intenzioni di allineamento, sbandierate ai quattro venti in ogni occasione pubblica.
Ma poi, dal punto di vista dei fatti, si notava spesso che non tutti i membri delle due aziende la pensavano allo stesso modo.
Qualcuno cercava evidentemente di creare ostacoli in modo voluto all’altra parte, probabilmente perché aveva un interesse nel mettere in cattiva luce i membri dell’altro gruppo agli occhi della dirigenza o per chissà quale altro motivo.
Ora: “come fare quando ti trovi a collaborare con colleghi che non sono per nulla collaborativi?”
Perché il punto è questo: anche se il collega non è collaborativo, se ci devi lavorare insieme, beh, allora in qualche modo sei costretto a fargli delle richieste, sei costretto ad interagire con lui.
Non so, magari per ricevere dei dati che a te mancano, o perché devi imparare qualcosa da lui: tipo procedure, strategie o altro.
Ma lo sai bene come funziona: ogni volta che fai una richiesta ad un collega non collaborativo, il collega non collaborativo te le fa pesare.
Quindi, se devi imparare una procedura, anziché insegnartela il collega non collaborativo fa di tutto per darti l’illusione di insegnartela, ma poi ti gira tutti i pezzi ma senza il pezzo chiave, per tenere magari il potere su di sé.
Ecco: di fronte a un atteggiamento del genere è molto facile perdere il controllo della propria emozione, e farsi “agganciare emotivamente”, come ho detto in un precedente articolo.
E se non stai attento ti può capitare di perdere di vista il tuo obiettivo: che è quello di portare a casa le informazioni che ti servono, o terminare il lavoro nel modo corretto e nel minor tempo possibile.
Allora in questi casi come si fa?
Beh, ecco il consiglio che ho dato ai ragazzi del team: si chiama “little goat strategy” (la strategia della “piccola capretta”).
Nome evocativo, ma l’abbiamo chiamata così per scherzarci su.
In pratica consiste in questo: si tratta di approcciarsi con la massima gentilezza e la massima presunzione di buona fede, rispetto all’altra parte non collaborativa, e contemporaneamente “premiare” la parte non collaborativa con degli apprezzamenti ogni volta che questa fa delle azioni nella direzione della collaborazione.
Ma tu dirai: ma come, non dovrei andare là e fargliela vedere, cantargliene quattro?
No: perché quello vuol dire perdere la tua partita.
La “little goat strategy” consiste, invece, nel tenere la tua attenzione e il tuo sguardo dritto verso l’obiettivo.
Consiste nel VINCERE la partita nel suo complesso, non il singolo set.
Consiste nell’ ottenere quel livello minimo di collaborazione che l’altro, volente o nolente, ti deve dare, ma fa di tutto per non farlo.
E il modo più EFFICACE per ottenere questo risultato è solo uno: agire in modo che l’altra parte non possa auto giustificare il suo comportamento non collaborativo nei tuoi confronti.
Voglio dire: se uno è gentile con te, è molto più difficile per te non essere gentile con lui.
Ora: so cosa stai pensando: se hai un collega non collaborativo, l’ultima cosa che vuoi è essere gentile con lui o con lei.
Ma la verità è un’altra: tu sei lì per ottenere il tuo obiettivo e vincere la tua partita.
E se vuoi vincere, non devi giocare la partita che l’altro ha in serbo per te: quella delle gelosie, delle cose emotive, eccetera.
No: per vincere devi cambiare campo di gioco.
Dunque: little goat strategy.
Simpatico e disponibile come una piccola capretta.
Ma contemporaneamente con gli occhi che vedono solo l’obiettivo, come un toro della Red Bull.